Produzione: Società “Quelli che con la voce…”
Lettura teatrale di Luca Violini in memoria della tragedia delle genti Istriane, Fiumane e Dalmate
Musiche originali di Luca Violini
Luca Violini:
Attore, doppiatore, regista.
E` una delle più importanti e note voci nel panorama del doppiaggio cinematografico, documentaristico, pubblicitario, televisivo e radiofonico; è la voce ufficiale dell`Anica flash e La 7, per la realizzazione di trailers, comunicati, speaker- sponsor e promo.Da diversi anni si dedica attivamente all` ideazione ed elaborazione di una particolare forma di spettacolo, la lettura teatrale, basata sulla rappresentazione audio – scenica di classici della letteratura mondiale e testi appositamente scritti per questo nuovo genere. E` l`ideatore, e poi assieme a Francesco Cardinali, il fondatore, della struttura “Quelli che con la voce…” Produzioni.
Paolo Logli
Autore e sceneggiatore di fiction televisiva, romanziere, autore teatrale, regista televisivo. Negli ultimi anni ha scritto alcune tra le più popolari serie televisive, da Cuori rubati a Ricominciare a Diritto di difesa, ed ha firmato svariati programmi televisivi di successo. Ha da sempre un legame stretto e passionale con la musica, di cui si è occupato sia come regista di videoclip (premio europeo per la miglior videoclip Europacinema 1990) sia come autore di programmi. Collabora in pianta stabile con la struttura “Quelli che con la voce…” per cui ha già scritto altri testi di lettura teatrale.
Gabriele Esposto
Musicista, responsabile tecnico-audio. Diplomato in pianoforte principale presso il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro. Lavora in qualità di compositore, arrangiatore e supervisore musicale alla struttura “Quelli che con la voce…” Produzioni. Cura la post-produzione audio di tutti gli spettacoli della struttura di cui è anche il responsabile tecnico-audio. Si dedica alla sperimentazione e alla ricerca di nuove tecniche di ascolto 3D per la lettura teatrale.
“Quell`enorme lapide bianca”
Per decenni, c’e’ stata una pagina di storia italiana di cui non si poteva parlare. Quella pagina raccontava il sacrificio delle genti istriano-fiumano-dalmate, in Istria, alla fine della seconda guerra mondiale. Un sacrificio negato, scomodo, da rimuovere, non politicamente corretto. L`esodo dall`Istria e dalla Dalmazia e le foibe erano considerate un episodio minore di una guerra che aveva visto drammi ben più gravi, e comunque un episodio da non rivangare.
Perché? Il motivo è agghiacciante nella sua semplicità: in un complicato gioco di equilibri ideologici nazionali ed internazionali i buoni (quelli che per voce comune e per auto candidatura erano gli unici buoni) dovevano continuare ad essere i buoni ad ogni costo. E se qualche errore c’era stato era in nome di un ideale.
Ecco, questo sì era un argomento interessante su cui meditare. Un ideale giustifica i morti?
E per converso, se un ideale frainteso causa soprusi, è solo per questo sbagliato?
Non crediamo a nessuna delle due cose. Crediamo invece che la sofferenza, l’ingiustizia, i soprusi, in nome di qualsivoglia sole, dell’avvenire o meno, non devano essere dimenticati.
Non per fornire strumenti propagandistici a questa o quella parte. Al contrario, per trarne un insegnamento: tutte le volte che qualcuno si sente investito di una superiore missione – unto del Signore, araldo del progresso, paladino degli oppressi – tutte le volte, qualcun altro ne fa le spese, in nome di qualcosa di superiore.
“Quell’enorme lapide bianca” è solo questo: un invito a non dimenticare. Ma non per un generico culto della memoria, ma perché l’insegnamento, nelle cose della storia, c’e’ sempre. Basta che il ricordo non vada disperso nelle pieghe della cultura dominante e delle ideologie vincenti. Basta, altresì, che il ricordo non diventi lo strumento della propaganda degli avversari.
Abbiamo immaginato, così, non le considerazioni idelogico-politico-militari di sedicenti esperti di scenari e analisti della politica, ma il dialogo intimo e privato tra due amici: uno sloveno e un italiano. Lo sloveno, Ive, è vissuto nella sua verità, fatta di slogan, di pensieri semplificati da mandare a memoria. Ha, in qualche modo, dato la sua spiegazione. Quella più semplice, quella che tranquillizza: noi avevamo ragione, cacciavamo gli invasori. L’italiano, Enrico, non è sopravvissuto.
E non tanto alla violenza bestiale degli sgherri di Tito, quanto al silenzio imbarazzato, velato di opportunità politica, di tanti progressisti del suo paese.
Ne è venuto fuori qualcosa che non pretende di rispondere a un dramma così gigantesco. Si propone solo – come invoca Enrico verso la fine del testo – di appoggiare un fiore rosso su una lapide che ognuno di noi ha nel cuore.
Quella che conserva il ricordo mortale di persone esiliate ed uccise senza neppure capire il perché, simbolo di un nemico di classe che non sapevano di essere.
Abbiamo messo in scena “Quell’enorme lapide bianca” nella speranza che il ricordo impedisca che cose del genere succedano ancora. Certo. Ma anche per dire a ognuno che non ci sono morti rossi, morti neri, o azzurri da spregiare o da appuntarsi sul petto come medaglie. Ci sono persone. Che avevano degli affetti, dei sogni, dei volti cari. Che adesso non ci sono più. E pretendono di non essere dimenticate.
Ingresso libero
Comune di Castelfidardo